Una vetrina, un sismografo, un laboratorio. Così si apre l'introduzione del direttore uscente Frédèric Maire (andrà alla Cineteca Svizzera, sostituito- curioso gioco di parole- dall'ex direttore della Quinzaine di Cannes, Olivier Père) al 62° Festival del Film di Locarno (5-15 agosto). Un bel modo per descrivere un festival, ma soprattutto una triade che racchiude in sé il senso profondo della rassegna ticinese, la sua forza e la sua importanza nel panorama cinematografico mondiale. Come sempre c'è tanta Asia, ma come sempre lo sguardo è obliquo e cerca un angolo di visuale originale: ecco così che la 7^ edizione della sezione di scoperta geografica e culturale che prende il nome di "Open Doors" ospita quest'anno la Cina continentale, Honk Kong e Taiwan, e idealmente ad essi si avvicina l'esperimento più ardito, una retrospettiva speciale e specializzata sull'animazione nipponica, "Manga Impact: The World of Japanese Animation", con la collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino (bel connubio davvero). Nuovi luoghi e nuove tendenze, Locarno è il termometro del cambiamento, da sempre: e così si scopre, scorrendo il fittissimo programma, che torna il cinema classico, di genere e non, che l'ondata di quello d'impegno è nuovamente in piena, e sulla cresta ci sono immigrazione, identità, ambiente (con tanto di fine del mondo e catastrofe ecologica). Nessun italiano in concorso, due italiane in giuria: Alba Rohrwacher in quella principale, la montatrice e regista Esmeralda Calabria in quella delle opere prime. A cui si aggiunge l'Excellence Award a Toni Servillo (il pardo d'onore, invece, sarà per il mito William Freidkin), la retrospettiva dedicata a quel geniaccio cineteatrale che è Pippo Del Bono (qui anche regista con un cellulare) e i molti selezionati nelle sezioni collaterali e tra i documentari. Laddove il nostro cinema non soffre di delirio di onnipotenza- si rifiuta Locarno, a volte, per un cantuccio in un festival ritenuto a torto più illustre- o di crisi produttiva, se sa sperimentarsi con coraggio e magari piccoli budget, qui trova un posto speciale in cui mostrarsi.

Il fiore all'occhiello, ovviamente, è sempre la Piazza Grande, schermo e platea tra i più grandi del mondo. Qui Maire fa tredici (film): grande attesa per l'inaugurazione, che ammicca come spesso è successo negli ultimi anni alla commedia americana più raffinata e indipendente. Una delle sue muse è Zooey Deschanel che per Mark Webb recita in 500 days of Summer. Altro gioiello a stelle e strisce è il ritorno di Nuck Cassavetes con My Sister's keeper, dramma familiare con un'ottima, si dice, Cameron Diaz. Chiuderà Byambasuren Daava con il mongolo The Two horses of Gengis Khan. In mezzo i manga e tanta Europa: dal cortometraggio Blue Sofa del nostro Pippo Del Bono, Giuseppe Baresi e Lara Fremder a Giuliaverschwinden dello svizzero Christopher Schaub con Bruno Ganz, passando per Amos Gitai (titolo che è tutto un programma: La guerre des film de la lumiere contre les fils des tenebres, con Jeanne Moreau) e Les Derniers hours du monde, firmato Larrieu-Larrieu con Mathieu Amalric e Sergi Lopez (presente anche in Petit Indi di Marc Recha).

Nel concorso internazionale, invece, sarà struggente rivedere in Au Vouleur di Sarah Leonor, da protagonista, Guillaume Depardieu, attore ottimo e sfortunato recentemente scomparso giovanissimo. Sarà un piacere riaccogliere Michel Piccoli dopo il doppio premio di due anni fa (alla carriera e come miglior attore), protagonista in L'insurgée di Laurent Perreau. Fuori concorso ancora Pippo Del Bono, con La paura. Solo un assaggio delle 14 prime mondiali, 4 internazionali e 7 opere prime presenti nella selezione, quasi tutte legate ai temi dell'esilio e delle radici, sia pur declinate alle latitudini e longitudini più disparate.

I primi italiani li troviamo nei "Cineasti del presente": il "solito" Corso Salani porta Mirna, ma è forse ancora più atteso Stefano Savona che con Piombo fuso ci regala la quotidianità della Striscia di Gaza. Sogno il mondo il venerdì di Pasquale Marrazzo sarà, poi, un viaggio nell'Italia dimenticata, quella più multiculturale ma marginale, ripresa da una Milano sempre più fragile e cinematografica, quella degli ultimi tormentatissimi anni del nostro paese. Poco si sa di Diesis di Frankie Frigo, solitario alfiere tricolore dei Pardi di domani, trampolino di lancio unico per registi di talento.

Tanta Italia, infine (anche grazie al lavoro del corrispondente del festival in Italia, Maurizio Di Rienzo, un autentico segugio per quel che riguarda il cinema documentario), in "Ici et ailleurs", la neonata sezione. Temi molto forti, politici e sociali, al centro delle trenta opere selezionate (26 prime mondiali): il mondo visto dalle macchine da presa di documentaristi coraggiosi. Tra questi Daniela Persico (Et Mondana ordinaire), Martina Parenti e Massimo D'Anolfi (Grandi speranze), Federica Di Giacomo (Housing), Francesco Gatti (Il figlio di Amleto), Joseph Peaquin (In un altro mondo), Roberta Torre (ITiburtinoterzo e La notte quando è morto Pasolini), l'habitué Elisabetta Sgarbi (L'ultima salita- La via crucis di Beniamino Simpin a Cerveno), Gianfranco Mingozzi (Noi che abbiamo fatto la dolce vita). Discorso a parte, infine, merita Il mio cuore umano: opera dell'eccellente documentarista Costanza Quatriglio, naviga nella vita non facile della cantautrice Nada con il solito sguardo sensibile e originale proprio della regista, un piccolo gioiello che potremo vedere il 20 agosto sulla Rai.

62° Festival del Film Locarno
5-15 agosto
www.pardo.ch